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Essere oggi Exallievi: è
ancora attuale l’insegnamento di don Bosco ?
GIUSEPPE ACOCELLA
Si ripropone infatti costantemente - e specie due secoli dopo la nascita del Fondatore – la questione della corrispondenza della vita della Società allo spirito del Fondatore, problema che riguarda la compatibilità tra obbedienza alla vocazione originaria e necessità inderogabile di adattare il carisma ai tempi in mutamento. Dunque la questione di una Unione di Ex allievi all’interno di una Casa salesiana non è – da questa prospettiva – differente dai problemi di presenza di Ex allievi al di fuori di un tale contesto, anche se, certo, con qualche difficoltà in più. Basta guardare gli elementi che emergono a tal proposito nei Capitoli della Società di san Francesco di Sales degli ultimi vent’anni per vedere quanto rilevante sia stata la riflessione sulle strade da intraprendere perché la Società salesiana sia capace di interpretare il mandato affidatole da Don Bosco nelle condizioni “presenti”. Se però si ragiona sul fatto che – a mezzo secolo dalla conclusione del Concilio Vaticano II e dalla sua rinnovata ecclesiologia sul “popolo di Dio” e sulla centralità della vocazione dei Laici nella Chiesa – le prospettive immaginate dai padri capitolari, e messe in opera dai Rettor maggiori succedutisi, appaiono rivolte e assegnate esclusivamente ai consacrati, si può comprendere come anche per la Società di Don Bosco sia venuto il momento di valorizzare la verifica dei risultati ottenuti nel vasto campo dell’educazione dei giovani laici che la Provvidenza le ha affidato così numerosi. Quanto precedentemente asserito ha l’ambizione di fornire anche qualche ragione dello stato “minore” in cui appaiono versare gli Exallievi, costantemente alla ricerca dei modi per uscire dalla “sindrome dei combattenti e reduci”. L’educazione ricevuta finisce per apparire sempre cosa rivolta al passato, testimone di sentimenti nostalgici e poco dinamizzanti nel contesto civile ed ecclesiale attuale. Eppure a chi, se non ad essi, laici in quella porzione di Chiesa legata al carisma di Don Bosco, può essere affidato il rinnovamento e la testimonianza della spiritualità salesiana nel mondo attuale ? Anche per la SDB potrebbe essere venuto il tempo dei laici (e non i cooperatori, legati ad una fase “attuale” ma non – come i “ragazzi di Don Bosco” – ad una esistenza verificata e comprovante quanto sia stata feconda nel mondo l’educazione ricevuta, cioè presenti per i segni ed i carismi riconducibili alla scelta vocazionale di Don Bosco e dei suoi figli. Ecco dunque cosa chiedere agli Exallievi: di essere i laici testimoni di un carisma e di una spiritualità non tramontata, non necessariamente riferita ad una azione “apostolica” (che non terrebbe conto che non solo l’Associazione, ma il più vasto Movimento non è necessariamente di militanti cristiani e credenti consapevoli, ma copre una più vasta area che testimonia l’efficacia dell’azione salesiana nel mondo), ma capace di tener viva l’azione voluta dal Fondatore, in grado di ravvivare la Chiesa ed il mondo. Non volle forse Don Bosco scegliere un modello associativo “laico” e civile ? Così – in coerenza – va riscoperto un modo “civile” e laico di essere presenti nel mondo e nel tempo attuale per far presente la Chiesa ed il messaggio evangelico. La testimonianza delle Virtù apprese assume un significato non indegno della novità apportata da don Bosco nel suo tempo, in una epoca come l’attuale in cui l’etica pubblica e le virtù civili sono neglette (ottimismo orientato dalla Speranza, rinuncia all’utilitarismo, sobrietà, valore del lavoro, coraggio della propria identità senza cedere al “rispetto umano”, dimensione sociale e collettiva della esistenza: i doveri del proprio stato insegnatici nella preghiera a Don Bosco, Padre e Maestro della Gioventù).
II
L’insegnamento spirituale di don Bosco: ancora
attuale per i laici oggi ?
Giovanni Bosco si preparò al sacerdozio nel seminario di Chieri, in una temperie di primo Ottocento segnato dagli scompensi morali e sociali che accompagnarono la prima industrializzazione con lo sconvolgimento degli equilibri precari della società rurale, e in un clima religioso-culturale, seguito all’irruzione dell’Illuminismo, segnato dal serrato confronto tra gli orientamenti “rigoristi” e quelli “benignisti” (misericordia e pietà, ragione e libertà, condanna senza appello o pentimento e perdono). Nella formazione sacerdotale come nella predicazione pastorale ragione e amorevolezza sembravano dover restare in totale contraddizione, contrapponendosi una interpretazione positivistica dello scientismo pagano e materialista (con la conseguente esaltazione del corpo) ad una concezione che nella mortificazione e nel rifiuto della ragione indifferente sembrava trovare l’antidoto all’assalto materialista da contrastare fuggendo dal “mondo”. La sostanziale adesione di Giovanni Bosco agli orientamenti benignisti (che nel meridionale Alfonso Maria de’ Liguori avevano avuto il loro campione) sembra fuori discussione (come mostra anche l’indiretto ritratto di “don Benigno”, il prete dei giovani operai tracciato nel suo romanzo da Cesare Cantù, che aveva ammirato don Bosco a Valdocco), così come la precoce e sorprendente adesione – contro gli orientamenti maggioritari prevalenti nella Chiesa cattolica del tempo – alla campagna in favore del sistema metrico decimale, ancora sospetto di razionalismo ateo e di giacobinismo materialistico. Don Bosco metteva - anche in quel semplice libretto che avrebbe dovuto insegnare le unità di misura, necessari a viver meglio nelle campagne e nelle città, di contro alla varietà e confusione di sistemi di peso e misura che favorivano abbienti e prepotenti – insieme apprezzamento della ragione e finalità sociali che intendevano privilegiare la tutela e l’istruzione dei più esposti, nella certezza che questo significasse cercare il vangelo e la sua giustizia, tanto il resto sarà dato in aggiunta (Da mihi animas cetera tolle) . La vocazione “popolare e giovanile” ha i suoi germi in questa combinazione. In questo cuneo si inserisce la naturale educazione alla democrazia degli ambienti popolari che si ispirano al cortile di Don Bosco, vero “cortile dei gentili” perché aperto a chiunque accetti le regole che consentono di stare insieme. Ma cosa può significare oggi una strategia educativa informata all’asse ragione, religione, amorevolezza ? Non hanno nulla più da trasmettere gli ex allievi ? Se ricordo la mia personale esperienza, riconosco i tratti della vocazione che don Bosco seguì affidandola ai suoi figli. In una età che già conosceva la propensione al consumo (prodromi della condizione attuale), in specie seguendo la fase difficile delle restrizioni del primo dopoguerra, la possibilità che ebbe la mia generazione di passare una parte importante della propria esistenza, nell’età decisiva della stagione formativa, nei cortili di Don Bosco ha significato assorbire un modello etico-comportamentale non incline al consumismo, spronato ai valori della sobrietà e della partecipazione comunitaria. E quanto l’esperienza dell’equilibrio tra corpo ed anima, tra organizzazione ludico-educativa del nostro tempo e pratiche devozionali, tra temporale e spirituale, insomma, fosse innovativa e rilevante per tutti noi, specie nel Mezzogiorno, dovrebbe essere intuibile oggi, allorché il processo di resa al consumismo sfrenato si è consumato da tempo. Si pensi – per restare all’educazione di corpo e dei anima - agli esiti in ragione dei quali oggi – dopo aver sperimentato il consumo di ogni cosa – si transita al consumo del proprio corpo (cocaina, degrado della sessualità, manipolazione estetica e genetica). Ma non irrimediabilmente. Così come era seducente il richiamo di quel primo consumismo degli anni Sessanta, eppure un modello educativo efficace - che rivelava per la prima volta ad un mondo come quello dei ragazzi che essi invece contavano e avevano tanto valore da dare senso ad una grande iniziativa - riusciva allora a incidere positivamente, così oggi uno sforzo etico verso un modello valoriale non utilitaristico ed informato alla sobrietà e ai valori comunitari e sociali sarebbe tanto più coerente con il carisma di don Bosco, dopo i danni che l’eccessiva ed incontrollata propensione al consumo genera, resa più drammatica dalla crisi economica ancora in atto, e aggravata dalla crescente propensione alla irresponsabilità, alla fuga nella sola dimensione ludica e del godimento, nel gioco o nelle altre dipendenze.
III
Onesti cittadini,
buoni cristiani. Ragione, religione,
amorevolezza E’ dunque necessario schierarsi sul fronte della storia, a testimoniare che la vita ci è cara in tutte le sue manifestazioni ed i suoi momenti. Le difficoltà che oggi lo stesso mondo cattolico vive di fronte alle nuove sfide potrebbero avere così una risposta da un fronte generoso e ricco di dinamismo giovanile: quello dei ragazzi di don Bosco, capaci di affrontare il mondo secolarizzato non lasciandosi intimidire dal rispetto umano (e dunque capaci di vivere intensamente da credenti una compiuta laicità), ragazzi sempre, sempre uguali e sempre diversi nelle generazioni che si susseguono, ragazzi che dai cortili salesiani hanno appreso il dono dell’eterna giovinezza.
Senza addentrarsi nel significato assunto
nell’età moderna dal valore dei principi di
garanzia e di salvaguardia dei diritti della
persona e del cittadino, basterà ricordare che
la formazione dello Stato democratico si
consolida attraverso un sistema avanzato di
sicurezza sociale che realizza i diritti
fondamentali fondati sull’eguaglianza, tanto da
far ritenere che il Welfare avrebbe reso
superflua l’azione sociale della Chiesa in
materia di solidarietà e di educazione. Il
Rettor maggiore annota invece che la crisi
manifesta del Welfare come attributo delle
democrazie contemporanee conferma la perdurante
rilevanza dell’azione svolta dalla Chiesa.
Significativa è
l’insistenza sui diritti umani da parte del
Rettor maggiore nei suoi commenti che aprono
<<il Bollettino salesiano>> sui temi della
strenna già dal 2009, proprio a conclusione
dell’anno che l’Unesco ha celebrato come anno
dei diritti umani. I diritti umani riguardano
non solo quanto va garantito in specie ai più
deboli, ma anche la percezione di quali siano i
valori umani condivisi che fondano i diritti
umani. E per questo non c’è che da puntare sulla
proposta educativa.
Ma c’è un problema.
La domanda che si impone in tutta la sua gravità
è la seguente: frantumati i legami sociali tra
le generazioni, affermato non solo il
pluralismo etico (al quale non si può
sottrarre, per sua natura, la modernità stessa)
ma la relativizzazione assoluta, fino al
nomadismo etico, dei punti di riferimento
valoriali e morali, non si mina forse alla
radice ogni possibilità di fondare una condivisa
accettazione dei diritti umani ? Potrà mai
sopravvivere, in assenza di una forte opera in
questa direzione una rete di relazioni che
consenta la coesione sociale indispensabile alla
vita sociale ? La scommessa sui giovani è molto
di più che il disagio che proviamo per
l’insofferenza e per l’inquietudine che
attraversano (e che hanno sempre attraversato in
forme naturalmente diverse) l’età giovanile.
La scelta di porre
basi
razionali – in tempi come i nostri di
fanatismi, rigurgiti irrazionalisti, rifugio nei
poteri di maghi e fattucchieri, new age e
sentimentalismi fuorvianti – all’azione svolta
in favore dei giovani, per educarli alla
responsabilità personale, familiare, civica (Onesti
cittadini, buoni cristiani) predispone
già alla maturazione nell’età nuova (e del mondo
cattolico) della maritainiana distinzione tra
spirituale e temporale (senza che ciò diventi
bieca separazione:
la politica del Padre nostro) con la conseguente valorizzazione
della laicità e del laicato cristiano. Il
lealismo verso le istituzioni – manifestato da
Don Bosco senza mai cadere né nel temporalismo
becero né nello spiritualismo rinunciatario - è
sicuramente una buona base per affrontare oggi
il difficile tema del cristiano nella società
secolare (rifiuto di ogni asservimento della
Fede alle convenienze della politica, e perfetta
aderenza alla modernità).
Capovolgendo
l’hegeliana sentenza sull’
ottimismo della volontà, pessimismo della
ragione, don Bosco propone una ricetta
efficace in virtù della quale
Conclusione
Così
– compagna non conflittuale della
ragione -
la ispirazione
religiosa non si pone come il freno
antistorico di tutto quanto
la mente e l’azione umana sono in grado di
produrre per il progresso dell’umanità, ma si
svela animazione di una realtà vivente amata da
Dio. La fiducia nella Provvidenza, nella Grazia,
in Maria Aiuto dei cristiani
(Basta che chiediate, ed il Padre vostro vi ascolterà; Basta che un
giovane entri in una casa salesiana, e Maria
santissima lo prende sotto la sua protezione)
diventano antidoto al piagnonismo bigotto e
all’individualismo religioso (per cui si ricorre
a Dio solo nelle difficoltà). Quando don Bosco
proclama
Vi
aspetto tutti in Paradiso non pronuncia
solo una promessa generosa, ma impone il più
radicale e – per tanti – intollerabile degli
impegni, il più esigente dei messaggi di vita
spirituale, che sì consente soltanto o il
rigetto pieno o l’adesione convinta e totale:
niente vie di mezzo:
La
morte ma non peccati.
Quando Don Bosco
dichiara <<Lasciate
che ve lo dica, e niuno di offenda: voi siete
tutti ladri; lo dico e lo ripeto: voi mi avete
preso tutto>>: <<io qui con voi mi trovo bene: è
la mia vita stare con voi>>, rovescia
ogni canone che impone subalternità ai giovani,
fastidio per i loro giochi, mortificazione alla
loro allegria:
Qui
facciamo consistere la santità nello stare
allegri.
L’amorevolezza è una componente essenziale del progetto educativo. Se quanto ho
fin qui detto può servire – sul fondamento della
lezione lasciataci da Don Bosco, che vale sia se
stiamo in una casa salesiana sia se andiamo
ciascuno isolatamente per il mondo – a maggior
ragione può essere la base per continuare a
testimoniare a Vietri anche dopo la dolorosa
chiusura dell’esperienza di presenza diretta dei
salesiani di don Bosco. Il Vangelo della gioia –
di cui san Giovanni Bosco fu così convinto e
convincente testimone – è ancor più oggi
affidato a noi, si presenta ancora come un
messaggio spendibile oggi, molto più che cercare
di convertirsi ed inseguire forme della
comunicazione alla moda, o cedimenti alla
spettacolarizzazione fine a se stessa. La
educazione è parte integrante di questo progetto
(tanto più oggi, nel tempo della crisi): la
dimensione sociale della
carità
è la
verità della persona umana. |